RISO DE DEMOCRITO: ET PIANTO DI HERACLITO

Composito per il magnifico cavaliere Phileremo D. Antonio Fregoso

Il volume conservato alla Biblioteca di Colturano dell’opera Riso di Democrito: Et Pianto de Heraclito di Antonio Fileremo Fregoso è una delle opere più importanti di questo poeta e, come ne attesta l’introduzione, scritto proprio a Colturano.

Il Fregoso scrive infatti al presidente del Senato delDucato di Milano e, attraverso lui, a tutti gli “amici” rimasti in città la sua immutata passione per la cultura e forse anche una nascosta nostalgia per la loro compagnia, che le vicende politiche del tempo hanno probabilmente contribuito ad allontanare, almeno fisicamente.

L’esemplare è stato stampato a Milano il 6 di aprile del 1515 da Zanoto da Castione ed è la settima edizione di quest’opera che ha conosciuto dalla sua uscita nel 1506 ben 16 ed. sino al 1554.

Altri esemplari del libro in questa edizione all’Ambrosiana di Milano, al British Museum di Londra, alla Nazionale di Parigi, alla Palatina di Parma e alla Trivulziana di Milano.

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A lo Illustre Monsignore Iafredo Carlo Iure consulto eccellentissimo, Presidente del Delphinato e dil Regio Senato in Milano Moderatore sapientissimo, Antonio Phileremo Fregoso salutem.

Desiderorno, illustre Monsignor mio, alcuni mei affettuosi amici de sapere ciò in questa mia longa rusticazione io facesse,dubitando, come curiosi del mio onore, che, lassate le urbanità e dolcissime civile compagnie,me tramutassi in uno inculto e orrido villano, O vero, sequendo le paurose lepre e fugitivi cervi per boschi tutto il giorno, un silvagio satiro devenissi. Per chiarificar donque la mente loro, a la tua Signoria mando questo frutto e figliolo del virtuoso ozio e de la mente mia solitaria, il qual,venendo a la cità de veste rusticane vestite, e forsi anche ne l’aspetto contadino, tal volta come è usanza potrebbe essere da qualcuno schernito. Ma essendo sotto il tuo nome ho pensato che a questo modo potrebbe il sindacato del bestial vulgo e il morso de’ detrattori fugire e securamente ne la magnifica citate intrare, perchè a’ servi molte fiate per il signore s’ha rispetto. Donque sotto la tutela de la tua signoria da me il receverai, a ciò securo possa per la inclita cità andare. E per questo gli amici mei intenderano me baver facto in crearlo come la pavona: che quando i pulli suoi vòl far nascere, un luoco a lei commodo e solitario se elege. Nè de lì rare volte se parte, fin che in luce venuti non siano, poi seco fra la gente li mena. E benche nati siano in tal solitudine, no di meno sono perbò ad Illustrissimi Principi presentati: gratissimo cibo a le loro mense. E poi non sa tua Signoria: che ‘l Rosignolo, ben che nato in una vile  e spinosa sepe e de panni bigi e rusticalvestito: i picti e colorati e ben vestiti octelli col canto suo molte volte supera: e in le Regal camere gratissimo abita? Però, Illustre Signor mio, sì per a solita e inata humanità tua: sìancora per le ragioni da me sopradecte: te dignerai ne lo tuo Studio,anzi Erario de tutte le virtuose opere: questo povero inculto villanetto introdure. Al quale, ivi intrando: intravenerà come a la imagine che fece Prometeo, cheessendo fitta di terra, per l’astuzia de l’opefice suo, ch’al Sole i ragi robando, con quelli la fece viva. Così essendo privo de spirto questo mio Genito, con i raggi de la virtù de la tua Signoria se farà lucente e vivo. A la quale umilmente mi ricomando.

Ex villa Culturani,die XV Novembris M.D.V.